Tra le cause da cui dipende l’insuccesso scolastico, insegnanti e studenti si trovano spesso in accordo sull’importanza del metodo di studio, che sembrerebbe non meno determinante rispetto ad altri più “blasonati” e studiati ingredienti per una buona riuscita a scuola, come l’intelligenza, la motivazione, il contesto socio-culturale di provenienza….In fondo lo studio non è soprattutto una questione di impegno, così come ci hanno insegnato a scuola? E che cosa si intende più precisamente con “metodo di studio”?
Innanzitutto occorre precisare che è pressoché impossibile parlare di metodo di studio in termini oggettivi e universalmente validi. Infatti le strategie e le modalità che ognuno utilizza (o potrebbe utilizzare) con profitto nello studio sono strettamente connesse con alcune precise caratteristiche dello studente. Certamente l’età, il tipo e il grado di scuola frequentata, ma non solo: la sua autostima, la sua capacità di assimilare durante la spiegazione, la capacità di auto-motivarsi e lo stile cognitivo.
Con questo ultimo termine gli psicologi dell’apprendimento e dell’educazione intendono descrivere la modalità attraverso cui il nostro cervello è abituato a processare, elaborare e memorizzare le informazioni in entrata. Ad esempio, nello studio di un manuale qualcuno predilige focalizzarsi sugli schemi e sulle immagini perché gli è più semplice ricordarli, altri, per lo stesso motivo, si concentrano maggiormente sulle parole e sulle frasi. E ancora: nello svolgimento di un problema di geometria c’è chi preferisce procedere in maniera analitica, seguendo un ordine ben preciso, altri, per natura, si affidano maggiormente all’intuito e all’ispirazione del momento, e così via. Non esiste una modalità giusta o sbagliata, tutto dipende da come lavora il nostro cervello: scoprire il nostro stile cognitivo è il primo passo per capire come studiare.
Un altro aspetto fondamentale del metodo di studio risiede nell’acquisizione di un approccio strategico, funzionale al tipo di compito o prova che lo studente dovrà sostenere dopo aver studiato. Sapere quali argomenti saranno oggetto di valutazione è la prima cosa che lo studente deve avere in mente (sembrerebbe scontato, ma molte volte è un aspetto che viene ignorato). Inoltre, le strategie di apprendimento e ripasso cambieranno a seconda del fatto che si tratti di un’ interrogazione orale piuttosto che di una verifica scritta, di una prova pratica o una teorica, a risposte chiuse o aperte…
Per concludere, è vero che i maestri e i professori raramente (per non dire mai) insegnano ai loro allievi a studiare. Ma non per superficialità o altre manchevolezze. A ciascun alunno andrebbero mostrate le strategie più adatte a lui e al suo modo di imparare e questo sarebbe un lavoro troppo lungo, soprattutto se ci sono dei programmi ministeriali da rispettare. Perché, di fatto, non esistono strategie e accorgimenti validi indistintamente per tutti, se non qualche indicazione generale sugli aspetti organizzativi dello studio (che qualche insegnante “illuminato” riesce, nonostante il carico di lavoro, a trasmettere). Lo psicologo esperto in processi di apprendimento è la figura con cui lo studente, a prescindere dall’età e dalla presenza di difficoltà di apprendimento, può lavorare per scoprire, in pochi e mirati incontri, come essere più efficace e autonomo a scuola.